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attaccamento Archivi - Psicologa Torino - Dott.ssa Elena Cafasso

Tag: attaccamento

Attaccamento e individualità

A proposito di… Attaccamento

“Solo negli ultimi anni lo studio dello sviluppo dei modelli di attaccamento si è spostato dalla prima e dalla seconda infanzia all’analisi dell’età adolescenziale e adulta, attraverso progetti di ricerca longitudinali volti a studiare la stabilità dei modelli operativi interni di attaccamento nel corso dello sviluppo. Gli studi precedenti infatti – insieme a quelli riguardanti la trasmissione intergenerazionale dei modelli di attaccamento da genitore a figlio, (…) avevano soprattutto messo in evidenza la forza predittiva dei pattern di attaccamento sicuri e insicuri rispetto alle competenze socioemotive e alle caratteristiche della personalità del bambino considerate a breve e a medio termine. Secondo un insieme cospicuo di ricerche ben riassunte da Schaffer (1996) – i pattern di attaccamento rispetto alla madre (…) si delineano infatti efficaci predittori di un insieme rilevante di competenze sociali che il bambino dimostra  nel periodo prescolare e scolare, tra le quali la capacità di costruire relazioni significative con gli adulti e di interagire con i pari, dimostrando empatia e al contempo capacità di leadership, oltre che emotive, quali l’abilità di comunicare, fronteggiare e regolare emozioni positive e negative. La qualità dell’attaccamento alla madre risulta inoltre correlata con aspetti cruciali della personalità, a partire dall’autostima e dalla fiducia in se stessi fino alla capacità di resilience rispetto a eventi stressanti e potenzialmente traumatici.

Molti studi hanno messo in evidenza, attraverso l’utilizzo dell’Adult Attachment Interview, strumento che si propone di esplorare lo ‘stato della mente’ del soggetto adulto circa le sue esperienze di attaccamento, come nel corso dello sviluppo si strutturi uno stato mentale rispetto all’attaccamento  ‘che riassume la qualità complessiva dei modelli di attaccamento costruiti dal soggetto nelle sue diverse esperienze’. In questo senso, ‘le competenze socioemotive che il bambino sviluppa dopo la prima infanzia vengono predette non da un singolo modello di attaccamento, ma dall’insieme dei modelli di attaccamento di cui il bambino dispone (con la madre, il padre, i caregiver), anche se quello materno sembra avere un maggiore peso.”

La sicurezza, la fiducia in se stessi, le competenze di regolazione emotiva si intessono dunque all’interno delle relazioni di attaccamento significative vissute dal bambino nella prima infanzia e sono fortemente influenzate dal tipo di attaccamento che caratterizza il caregiver stesso e il modo in cui egli si relaziona al bambino. Una più alta fiducia in se stessi e una qualità maggiore circa le competenze relazionali sono correlati con una buona responsività materna, dunque con una capacità di attaccamento sicuro da parte del caregiver.

Tratto da ‘Il bambino e le sue relazioni‘, di Cristina Riva Crugnola

Leggi anche…   Il linguaggio delle emozioni

                                                                                                       Dott.ssa Elena Cafasso, Psicologa Psicoterapeuta Chieri e Torino

Il linguaggio delle emozioni

“John Bowlby afferma che ‘l’attaccamento intimo ad altri esseri umani costituisce il perno intorno a cui ruota la vita di una persona, non solo nell’infanzia, nella pubertà e nell’adolescenza, ma anche negli anni della maturità e poi ancora nella vecchiaia’ (Bowlby, 1980). Bolwby pensa che le emozioni siano legate in modo caratterizzante con l’attaccamento:

        Molte emozioni particolarmente intense si presentano durante la formazione, il mantenimento e il ricostituirsi delle relazioni d’attaccamento. La formazione di un legame è descritta come innamoramento, nel senso che si mantiene un legame perché si ama, e si soffre perché si perde il partner. similmente, una minaccia di perdita suscita dolore; così ciascuna di queste situazioni è probabile che susciti rabbia. il mantenimento incontestato di un legame è vissuto come una fonte di gioia. (Bowlby, 179).

Come abbiamo visto (…), le emozioni possono essere considerate valutazioni intuitive dell’esperienza che ne fondano il significato soggettivo. In questa seconda parte si studieranno alcuni contributi ad orientamento relazionale che permettono di vedere come la mente si strutturi sugli affetti e sulla loro regolazione interna e interattiva.

Secondo Emde, l’attività di base e la predisposizione biologica del bambino presentano la caratteristica della ‘centralità dell’emozione’ nell’esperienza relazionale: la sua esperienza viene regolata in base al criterio della piacevolezza-spiacevolezza. Gli affetti organizzano la soggettività e forniscono un senso di coerenza nell’esperienza quotidiana. Si può dire che il bambino si comporta in modo da ‘sentirsi bene’. Emde sostiene l’esistenza di un ‘nucleo affettivo alla base dell’esperienza di Sé’, che fornisce tanto un senso di continuità nel corso del cambiamento evolutivo quanto un senso di empatia verso gli altri. L’affettività è al centro della nostra identità e delle nostre relazioni. La regolazione dell’affettività è una delle preoccupazioni umane fondamentali.

(…) nei confronti delle figure di riferimento dell’infanzia, figure di attaccamento dalle quali dipende la stessa esistenza fisica e in seguito l’esistenza psicologica ed emotiva, possono essere in gioco emozioni discordanti, così forti da non poter essere elaborate nello stesso stato di coscienza, neppure attraverso l’esperienza del conflitto interno; per le quali quindi, non è possibile trovare una soluzione di compromesso o una forma di integrazione, ma solo una via d’uscita dissociativa (Bromberg, 1998). L’esistenza di queste emozioni così contraddittorie e stridenti è realmente paradossale: crea una tensione che spinge la mente a forme di funzionamento che, se diventano ricorrenti, ripetitive e rigide, possono dar vita allo scompaginamento della struttura dell’esperienza personale, alla frammentazione della soggettività, ad una disorganizzazione dei sistemi di significato, come in compartimenti disconnessi e non comunicanti fra loro.”

tratto da Il linguaggio delle emozioni, di Antonella Granieri, Cesare Albasi

                                                                                                   Dott.ssa Elena Cafasso, Psicologa Psicoterapeuta Chieri e Torino