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Festival della Psicologia 2017 – Colloqui psicologici

In occasione del Festival della Psicologia che si terrà dal 7 al 9 aprile 2017 sarà possibile beneficiare di un primo colloquio psicologico con la Dott.ssa Elena Cafasso a tariffa agevolata. Per usufruire dell’iniziativa è sufficiente accedere al link sottostante, scaricare il coupon  e prenotare un appuntamento a partire da oggi fino al 10 aprile.

https://psicologiafestival.it/piemonteintreatment/colloquio-con-elena-cafasso/

Adozione: dallo smarrimento alla definizione dell’identità

L’adozione…

“I genitori sono quelli che ti crescono, ma io ce l’ho questa cosa delle origini, del sapere chi sono, da dove derivo, che volto ha mia madre”.

Con queste parole si raccontava a me in seduta una giovane, adottata a pochi mesi di vita.

Quando il processo adottivo avvenuto durante l’infanzia non ha potuto essere accompagnato da una ricostruzione del passato della persona e da una condivisione dei vissuti ad esso correlati, possono crearsi le basi per una ferita difficile da rimarginare: il vuoto delle origini, che è un vuoto identitario e affettivo.

Alla dolorosa e spesso traumatica ferita legata all’abbandono, si aggiunge così la difficoltà, per il bambino prima, e per l’adolescente poi, nel dare senso e significato alle proprie radici, e, a volte, all’esistenza in sé.

Durante l’adolescenza, che si costituisce come periodo di importanti cambiamenti, e che vede tra i suoi compiti fondamentali la definizione di sé e della propria identità, questi aspetti deficitari legati al passato e le emozioni profonde che ne sono scaturite, possono in alcuni casi manifestarsi in comportamenti disadattivi, come ad esempio l’abuso di sostanze, l’aggressività auto o eterodiretta, e andare a rallentare il processo di sviluppo del soggetto.

Ad un’osservazione attenta, sono spesso profondi sentimenti di rabbia, tristezza, senso di ingiustizia, smarrimento, a fare da sfondo a tali comportamenti.

E’ nell’ambito di autentiche relazioni con i genitori in cui fare esperienza di un vero senso di appartenenza che è possibile iniziare una reale elaborazione del trauma.

Laddove venga a mancare questa condivisione, diviene allora utile, anche in età adulta, affidarsi ad un professionista della relazione di aiuto e intraprendere un percorso psicoterapico. Percorso nel quale inserire il passato e le sue lacune in una narrazione condivisa con il terapeuta, affrontando i vissuti dolorosi che continuano ad abitare il mondo interno, e trovando supporto nel lungo e arduo lavoro di definizione della propria identità.

                                                                               Dott.ssa Elena Cafasso – Psicologa Psicoterapeuta Torino e Chieri

Donne

Donne… che amano troppo, che mangiano troppo, sull’orlo di una crisi di nervi…
Nel nostro contesto culturale sono molte le riflessioni e i riferimenti al ‘troppo’ che a volte caratterizza il modo particolare di alcune donne di entrare in relazione con se stesse e con l’Altro. Desiderose di risarcimenti, eccessivamente rigide con se stesse, dipendenti dal cibo, da relazioni affettive castranti la loro femminilità e libertà di ‘essere’.

Donne per cui ‘se sarò come lui mi vuole non mi lascerà mai’, ‘se darò questo dolore ai miei non sapranno reggerlo’, ‘solo se soffrirò sarò degna di amore’, incastrate nel ruolo della moglie brava e compiacente, della figlia che non può deludere le aspettative, o forse arrabbiate, di una rabbia antica, che richiama l’infanzia.

Perché nel perpetrare queste dinamiche relazionali, la persona cerca disperatamente e invano di lenire le ferite legate alla relazione con le figure affettive primarie, nutrendo la profonda aspettativa che sarà finalmente l’altro a prendersi cura dei propri bisogni affettivi. Non sarà così.

È responsabilità di ogni donna, non diversamente da ogni uomo, porsi in ascolto della propria parte bambina, quella che forse ha sofferto, che è stata delusa o inibita nella sua autenticità dal peso delle aspettative, che ha nascosto i suoi bisogni per far spazio a quelli altrui, e prenderla ‘in braccio’, comprenderla, consolarla. Darle il permesso di essere, con le proprie forze, di fare contatto con ciò che è più libero e istintivo e non per questo ‘cattivo’: accettarla per quella che è.

Il sostegno psicologico e la terapia con un professionista della relazione di cura possono costituire anche in questo caso il luogo necessario alla comprensione e alla creazione di un rapporto più armonico con se stessi e con l’Altro.

Dott.ssa Elena Cafasso – Psicologa Torino e Chieri

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Ansia e panico

Molto spesso l’ansia viene intesa come un disturbo, qualcosa di cui liberarsi, non considerando in tal modo la sua utilità e la sua funzione adattiva: essa è una condizione di attivazione psicofisica sana che ci predispone ad affrontare ciò che percepiamo come minaccioso e fonte di pericolo.
L’apprensione e la preoccupazione per ciò che accadrà consentono inoltre di attivare le risorse interne – personali – ed esterne – nell’ambiente di vita – necessarie per trovare soluzioni utili e creative alle difficoltà che incontriamo.
L’ansia diviene disfunzionale e problematica laddove interferisca in modo significativo sul funzionamento lavorativo, scolastico e relazionale della persona. Una condizione oggi molto diffusa, nella quale l’ansia sembra superare le capacità dell’individuo di gestirla e contenerla, è l’attacco di panico.

Tachicardia, tremore, sudorazione, senso di soffocamento, paura di impazzire, sono alcuni dei sintomi che nell’arco di pochi minuti raggiungono un picco paralizzante per la persona. Anche in questo caso il corpo si fa teatro di un disagio psicologico che non trova altra via d’espressione.
Essere accompagnati nella comprensione delle motivazioni profonde circa l’insorgenza del disturbo, nell’attribuzione di senso e significato ai sintomi, intesi come modo attraverso cui la mente comunica, diviene allora di fondamentale importanza.

Il contesto di ascolto e supporto psicologico costituisce lo spazio nel quale sviluppare una comprensione condivisa tra paziente e professionista del tipo di angoscia alla base del disturbo: a volte questa è correlata al timore di perdere il controllo, al livello delle aspettative personali, ad un senso di profonda minaccia circa la propria integrità mentale o fisica. Altre volte è l’angoscia di separazione a costituirsi come nucleo emotivo all’origine del disturbo. Sono molti i giovani che nell’affrontare i movimenti di separazione dal contesto familiare e di individuazione verso l’adultità manifestano questo tipo di sofferenza.

Con l’aiuto di un professionista della relazione di cura si apre la possibilità di comprendere e inserire la sofferenza nella storia di vita e nel modo di essere, unico e particolare, della persona. Una relazione terapeutica basata sulla fiducia consente alle emozioni espresse nel corpo di avere finalmente un nome e diviene una risorsa, prima esterna, poi interna alla persona, a cui fare appello nei momenti di difficoltà: una base sicura da cui riprendere a ‘camminare’ con le proprie forze.

Dott.ssa Elena Cafasso – Psicologa Torino e Chieri

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Un corpo che parla

Il corpo che parla, a suo modo.

Esso comunica, esprime attraverso molteplici manifestazioni il suo stretto legame con la mente, con ciò che è psichico.

Accade così che il corpo divenga teatro della sofferenza psicologica, di ciò che la nostra mente non riesce a rappresentare, di ciò che è indicibile poiché intollerabile e non ha ancora potuto essere accolto dalla coscienza. Il corpo dunque parla, dice di noi, di come stiamo a livello profondo.

Sono sempre più frequenti le patologie che esprimono nella loro essenza lo stretto legame tra il mentale e il corporeo.

Gli attacchi di panico, ne sono un esempio, così come i disturbi gastrointestinali, sempre più diffusi, la psoriasi, le malattie autoimmuni, la fibromialgia, i disturbi del comportamento alimentare, la balbuzie, i disturbi della sfera sessuale e molteplici altre forme in cui i contenuti psichici ancora inconsci trovano concretizzazione attraverso la via somatica.

Disturbi in cui il corpo diviene il veicolo privilegiato per l’espressione dei conflitti intrapsichici e della sofferenza legata alla relazione con l’Altro.

Di qui l’importanza di porsi in ascolto dei messaggi che il corpo comunica, di affidarsi ad un professionista della relazione di cura con il quale dare senso e significato alla sintomatologia manifestata, inserendola nella storia di vita della persona, nel suo modo di stare al mondo e di relazionarsi, comprendendola nelle sue sfumature di significato uniche, particolari, soggettive: perchè proprio quel sintomo, quel disturbo? Perchè adesso, in questo momento di vita? In quale contesto relazionale?

Allargare la consapevolezza circa gli aspetti conflittuali, e in taluni casi traumatici, all’origine del disturbo, riconoscerli e metterli in parola, costituisce dunque un passaggio di fondamentale importanza per alleviare la sofferenza e recuperare una soddisfacente qualità di vita.

 

Dott.ssa Elena Cafasso – Psicologa Torino e Chieri

Anoressia, Bulimia e Obesità psicogena

Anoressia, Bulimia e Obesità  psicogena sono patologie sempre più frequenti tra le giovani, ma sono in aumento anche tra i ragazzi. Esse non sono da considerarsi malattie dell’appetito, quanto piuttosto malattie dell’amore: l’ossessione per il corpo magro, le abbuffate, il pensiero pervasivo del cibo sono l’espressione di una profonda sofferenza, di un dolore legato alla relazione con l’Altro significativo.

Nei disturbi del comportamento alimentare il corpo diviene il luogo in cui si inscrive una sofferenza emotiva e relazionale che non può essere pensata, espressa in parole, perché intollerabile. Il linguaggio del corpo costituisce l’unico linguaggio attraverso il quale la persona esprime la sua vita psichica.

I sintomi che caratterizzano questi disturbi e la centralità che assumono per la persona le  consentono paradossalmente di difendersi, ritirandosi e sottraendosi alla sofferenza che può comportare la relazione con l’Altro, ma allo stesso tempo ne distruggono la vita, distolgono dal sentire le emozioni, anestetizzano, annullando ogni altra passione, ogni altra via di sviluppo della propria identità.

La persona anoressica grida la sua sofferenza dicendo no al cibo, creando vuoto, nel tentativo disperato di far capire all’Altro che non è di cibo che si nutre l’Amore; chi soffre di bulimia e obesità è sopraffatto da una spinta alla divorazione illimitata e tenta di colmare quello stesso vuoto infinite volte, senza poterlo mai saturare, poiché non è fame di cibo, la sua, ma fame di affetto e amore, di una relazione in cui sentirsi visto e profondamente riconosciuto dall’Altro.

Dott.ssa Elena Cafasso – Psicologa Torino e Chieri

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